Roma rende omaggio a Carlo Levi: una mostra celebra l’artista e l’amicizia con Piero Martina
Alla Galleria d’Arte Moderna di Roma una retrospettiva ripercorre la storia artistica e umana tra Levi e Martina, nel cinquantenario dalla morte del pittore torinese. A cinquant’anni dalla scomparsa di Carlo Levi, la Galleria d’Arte Moderna di Roma inaugura l’11 aprile 2025 una mostra che celebra non solo l’opera del celebre artista, scrittore e intellettuale torinese, ma anche il profondo legame d’amicizia che lo unì al collega Piero Martina. Intitolata “Omaggio a Carlo Levi. L’amicizia con Piero Martina e i sentieri del collezionismo”, l’esposizione propone un viaggio affascinante attraverso decenni di arte, ideali e vita condivisa.
Frutto della collaborazione tra la Fondazione Carlo Levi di Roma e l’Archivio Piero Martina di Torino, il progetto racconta oltre trent’anni di sodalizio artistico e personale, in un intreccio di opere, testimonianze e contesto storico. Oltre sessanta i lavori esposti, provenienti da collezioni pubbliche e private, molti dei quali raramente visibili al pubblico.
Una storia tra arte e impegno
Il percorso della mostra si apre negli anni Trenta, quando Carlo Levi – già artista affermato – incontra il giovane Martina nella vivace scena culturale torinese. È proprio Levi a sostenere il debutto del collega, presentandone la prima personale alla Galleria Genova nel 1938. In questa fase iniziale emergono gli influssi del gruppo dei “Sei di Torino” e la ricerca di una voce pittorica autonoma da parte di entrambi, tra figurazioni solide e suggestioni iridescenti.
La seconda sezione della mostra segue i due artisti nel loro passaggio da Torino a Roma, in un’Italia sconvolta dalla guerra e dalla dittatura. Arresti, confino, leggi razziali e bombardamenti segnano profondamente Levi, che inizia a raccontare la durezza del Meridione e la vita dei contadini lucani. Martina, dal canto suo, sperimenta un linguaggio pittorico più libero e si avvicina ai linguaggi dell’avanguardia romana.
Roma, crocevia di idee
Dal dopoguerra, Roma diventa punto di riferimento per entrambi. Levi vi si stabilisce definitivamente nel 1945, Martina lo raggiunge nel decennio successivo. Frequentano insieme i circoli culturali della Capitale, contribuendo alla rinascita artistica e intellettuale di un Paese ancora ferito. È la stagione dell’impegno civile, raccontata nella terza sezione, dove trovano spazio le opere più intense e politicamente consapevoli dei due amici: Martina esplora il mondo operaio, Levi dà voce alle sofferenze delle classi subalterne.
Negli anni Sessanta e Settanta, con il riflusso delle tensioni ideologiche, i due artisti si dedicano a una pittura più personale e contemplativa. Nudi, paesaggi, visioni oniriche diventano i nuovi protagonisti della loro ricerca. La diversità stilistica rimane, ma li unisce una comune attenzione verso l’uomo e la natura, tra sensualità cromatica e introspezione.
Il tesoro nascosto della collezionista
A chiudere il percorso espositivo è una sezione speciale dedicata a diciannove opere inedite di Carlo Levi, provenienti dalla collezione privata di Angelina De Lipsis Spallone. Medico e raffinata collezionista, la De Lipsis ha raccolto negli anni oltre 300 opere, molte delle quali acquisite grazie all’amicizia con Linuccia Saba, figlia del poeta Umberto e compagna di Levi. Tra queste tele figurano capolavori che abbracciano l’intera carriera dell’artista, dagli esordi agli ultimi lavori del ciclo di Alassio.
La mostra, oltre a rendere omaggio a una delle figure centrali del Novecento italiano, offre l’occasione di riscoprire la forza delle relazioni umane nell’arte e nella storia. In un tempo in cui l’individualismo sembra prevalere, l’intreccio tra Levi e Martina ricorda quanto il dialogo e l’amicizia possano essere motore creativo e testimonianza di resistenza.