L’invenzione del Rock ‘n’ Roll

Quanti di voi ricorderanno la celebre trilogia di film di fantascienza prodotta da Steven Spielberg “Ritorno al futuro”? Protagonista Michael J. Fox nei panni di Marty McFly, un adolescente degli anni ’80 che viaggia magicamente nel tempo. Impossibile non ricordare la scena del primo episodio in cui il ragazzo, catapultato in un passato ambientato nel 1955, si trova ad una festa e sale sul palco per intonare “Johnny be good” (scritta proprio nel 1955 da Chuck Berry ma pubblicata in realtà solo nel 1958) di cui, negli anni ’80 da cui proviene, Marty deve aver sentito innumerevoli cover, da quelle di fine anni ’60 – inizio anni ’70 di Bill Haley & His Comets, Elvis Presley e Jimi Hendrix, proseguendo con un fitto elenco. I ragazzi, sorpresi da quel ritmo, si esibiscono in danze sfrenate e vediamo il leader della band, Marvin Berry, andare a telefonare al cugino, tale “Chuck” (…) e dirgli “Hey, hai presente quel nuovo sound che stavi cercando? Senti questo!”.

Facendosi prendere la mano, poi, il protagonista gratta ferocemente sulle corde, producendo un gran frastuono e contorcendosi a terra, come ha visto fare dai rocker del suo tempo e i giovani studenti smettono di ballare e lo osservano sconvolti e inorriditi. “Ok, forse non siete ancora pronti per questo” dice Marty al microfono, prima di abbandonare la festa.

In effetti gli adolescenti del 1955 dovevano aver già ascoltato solo “Rock around the clock” di Bill Haley and His Comets (dell’anno precedente), riconosciuto come uno dei brani che ha determinato l’invenzione del rock ‘n’ roll.  Questo può essere uno spunto per riflettere su una domanda apparentemente semplice: quando è stato inventato il rock ‘n’ roll? E cosa c’era di così innovativo da considerarlo uno degli avvenimenti che ha cambiato la storia (e non solo quella della musica)?

Elvis Presley rock n roll

Abbiamo accennato che la data a cui si fa risalire comunemente l’“invenzione” di questo genere è il 1954: nella primavera di quell’anno la Decca Records, infatti, affidava a Bill Haley and His Comets il lancio di un singolo di sicuro successo (probabilmente studiato per conquistare i giovani), ovvero “Rock around the clock”. Il brano spopolò come previsto e Bill Haley poté godere di questa fama ancora con “Shake, rattle and roll” ed altri brani, per passare in secondo piano rispetto ad altri musicisti nel giro di un paio d’anni. Haley, in effetti, aveva già quarant’anni quando arrivò al successo e a dirla tutta, non aveva presenza scenica e la sua voce matura, il modo di cantare con una precisione ritmica da marcia, facevano trasparire scarsa convinzione, poca libertà d’espressione. Il rock ‘n’ roll era un genere che probabilmente non gli apparteneva e di cui Haley non avrebbe mai potuto diventare il simbolo. Sempre nel 1954, però, accadde qualcos’altro: Sam Phillips, produttore della Sun Records, “scoprì” un talento nel giovane Elvis Presley, che incise un nuovo arrangiamento di “That’s all right (mama)” di Arthur Crudup. Elvis all’epoca non sapeva ancora usare il microfono e in questo pezzo si sentono tutte le sue origini country, ma il cantante modula la voce in maniera totalmente originale, fa ricorso allo scat, imita tante caratteristiche del canto dei neri; Elvis era un bel ragazzo, dallo sguardo mascalzone e provocante, si muoveva sul palco con sensualità e, soprattutto, era vero e spontaneo: nel suo caso probabilmente non si trattava di un successo costruito (si capisce dalla pessima qualità dell’incisione, dal fatto che ad esempio non è stata preparata la coda del brano). Di fatto, al contrario di Bill Haley,

Presley diventerà il “Re del rock”. Se andiamo a sbirciare rapidamente nell’evoluzione di questi avvenimenti, però, ci accorgiamo che i brani rock reinterpretati dai bianchi servirono più che altro a far accettare la novità per poi fare da apripista a quei musicisti di colore che già da tempo suonavano rock ‘n’ roll: così se Haley (nell’estate del ’54) e Presley (nel ’56) incisero due diverse versioni di “Shake, rattle and roll”, ben presto le radio preferirono mandare in onda l’originale del nero Big Joe Turner (che risaliva all’inverno del ’54). Turner aveva una voce lirica e potente, forse dal sound meno giovane ma pur sempre ballabile e coinvolgente; l’attacco in questa versione è in mano al pianoforte ed il ritmo è leggermente più lento. Ciò di cui ci si accorse fu che Big Joe Turner cantava “Shake, rattle and roll” con maggior disinvoltura, perché “gli apparteneva” e quello stile, quel modo di cantare era quello che gli aveva tramandato il suo popolo e che in lui suonava innato, mentre gli altri due finirono ancora per darne una interpretazione “pianificata” perché fosse un successo.   Soffermandoci ad analizzare i pezzi citati, possiamo riscontrare che gli elementi che identificano il rock ‘n’ roll sono: l’essenziale fusione tra country e rythm ‘n blues, la produzione di brani ballabili che hanno la funzione di divertire, il contrabbasso slappato, gli assolo di chitarra dal suono sporco o di altro strumento che non fa la linea melodica e raramente assolve una funzione ritmica, narrando invece una sua versione del brano e staccandosi dagli altri; i riff dei fiati, l’introduzione dello scat e dei cori, il battito di mani che tiene il tempo, l’accento ritmico sul secondo tempo, i titoli dal significato sensuale, i testi popolari e allusivi, l’immagine di chi canta, sfrontata, giovane, rivoluzionaria ed il fatto di interpretare col corpo; in generale, una complessiva rottura con gli schemi.

Partendo da questi elementi, si rivaluteranno, allora, ad esempio “Maybellene” del ’55 di Chuck Berry e andando ad indagare ci accorgeremo che “Hound dog”, interpretata da Elvis nel 1956 dando anche scandalo per le sue movenze provocanti trasmesse in tv al Milton Berle Show, era stata incisa già nel 1952 da Big Mama Thornton, cantante dalla voce potente, mascolina e aggressiva,  accompagnata da una chitarra dal suono sporco a velocità più moderata e dal tipico battito di mani che tiene il tempo: il testo allusivo, interpretato da una donna, suonava in realtà molto più rivoluzionario. I bianchi sopravvissuti a questa rivincita del rock ‘n roll nero furono solo quelli che seppero far maturare il genere, abbandonando ogni tipo di sfida con “gli originali”: Elvis in “All shook up” del ’57 è molto più “moderato”, meno interessato a far impazzire e ballare le ragazzine, moderno nell’introduzione degli stop time e sempre più abile nel modulare la voce.

l'invenzione del rock n roll

Proseguendo questo percorso a ritroso, però, potremmo stupirci: lo stesso Sam Phillips che lanciò il Re del rock ‘n’ roll, Elvis Presley, aveva prodotto già nel 1951 “Rocket 88” di Jakie Brenston (in ci ritroviamo tutti gli elementi tipici del genere, sopra elencati) e nel 1950 quando aveva aperto il Sun Studio nello stesso stabile in cui già aveva fondato l’etichetta discografica Sun Records aveva dichiarato profeticamente “If I could find a white man who sings with the Negro feel, I’d make a million dollars” – “Se trovassi un bianco capace di cantare con l’anima di un nero, potrei diventare milionario”*. Non ci stupiamo, allora, che con quel sound già nelle orecchie, fosse in grado di individuare le caratteristiche giuste in Presley. E ancora, andiamo a scovare “Good rockin’ tonight” di Wynonie Harris addirittura nel 1948: il pezzo già solo nel titolo sa di rock ‘n’ roll, per non parlare del testo allusivo, i fiati, l’accento ritmico in levare e persino gli stop time che reintrodusse Elvis nel ’57 e facendo attenzione veniamo a sapere che di questa canzone esisteva già un originale dell’anno precedente di Roy Brown.

Con un pizzico di audacia, addentrandoci nell’esame di brani che risalgono a molti anni prima, in “Boogie woogie bugle boy” del 1941, un jump blues di The Andrews Sisters, ritroviamo un motivo che ricorda proprio “Johnny be good”, oltre ad elementi come i fiati, l’assolo della tromba, la sillabazione e lo scat, l’accento sul due e lo stride piano in cui possiamo individuare le radici del rock ‘n’ roll.   Andando avanti in questa indagine, si potrebbe concludere che nel 1954 non è stato inventato niente di nuovo.

Ma allora, quando è stato “inventato” il rock ‘n’ roll? Forse il 1954 è la risposta sbagliata o forse ad essere sbagliata è la domanda. Dovremmo piuttosto chiederci quand’è stato “scoperto” il rock ‘n’ roll (soprattutto dal pubblico bianco, anglosassone e protestante) e potremmo mantenere la medesima risposta. Magari il 1954 rappresenta l’anno in cui la gente era pronta a quel cambiamento, pronta ad accogliere quel fenomeno tanto innovativo, perché “suonava” sufficientemente ma non eccessivamente rivoluzionario alle loro orecchie, già “allenate” da anni in cui qualcosa di quel rock si trovava altrove, di cui avevano già subito tante piccole “insinuazioni” fino al punto – potremmo azzardare – di sentirne crescere il desiderio e l’esigenza.

Se qualche anno prima, un uomo proveniente dal futuro, un Marty McFly, fosse arrivato su un palco a dimenarsi e a cantare uno di quei brani, la gente avrebbe reagito male, avrebbe sgranato gli occhi inorridita perché non avrebbe trovato sufficienti riferimenti familiari in quel suono ed in quel tipo di performance, completamente inadatti al momento ed al contesto. Forse, allora, la “scoperta” di un genere musicale, coincide col momento in cui le orecchie della gente sono in grado di riconoscerlo e accettarlo.   Concludiamo riferendoci ad una citazione curiosa del termine “rock ‘n’ roll” che troviamo in un brano del 1937 (sebbene Alan Freed ne vantasse la coniazione nel 1951): si tratta di “Rock it for me” di Chick Webb ed Ella Fitzgerald, in cui Ella canta “So won’t you satisfy my soul with the rock and roll?”. Chissà che anche lei, simbolo a modo suo di un’epoca e di un genere ben diversi, non stesse per prima esprimendo il desiderio di qualcosa di nuovo, che si sarebbe realizzato in Elvis Presley quasi 20 anni dopo?

* cfr “ELVIS PRESLEY” di Albert Goldman,  Oscar Mondadori 1983, pag 106

Laura Mancini

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