BILL CHARLAP, RENEE ROSNES “DOUBLE PORTRAIT”, BLUE NOTE

Con Double Portrait, Bill Charlap e Renee Rosnes propongono una rielaborazione di grandi compositori attraverso una serie di duetti a quattro mani; il repertorio risulta trasformato, ne emergono nuove sfaccettature e la forte personalità dei due pianisti.

Si passa da brani la cui forza è il ritmo rapido dato dai bassi mentre sugli alti le mani sono più incisive e il suono è ricco di note “secche” e poco amplificate, ad altri più lenti in cui si ricerca un sound più morbido e ricco di sfumature. Si creano così atmosfere frenetiche come in Chorinho che pur rapidissimo, abbandona il tipico ritmo ballabile della musica brasiliana; inquiete come in Inner Urge (Joe Henderson)con le vorticose cascate di note bruscamente interrotte e le serie di accordi suonati furiosamente a due mani sulla destra della tastiera, mentre i bassi incitano e scandiscono i momenti più drammatici. O al contrario, si evince un atteggiamento intimista come nell’esasperata lentezza di My Man’s Gone Now interpretata con grande eleganza nel pieno rispetto di George Gershwin, in cui viene accentuato un senso di suspense e il tempo appare dilatato mentre l’atmosfera si fa cupa e sofferta; o piuttosto riflessivo come nella coinvolgente Dancing In The Dark (Arthur Schwartz e Howard Dietz) il cui tema principale è annunciato in apertura e chiusura ed interpretato con originalità; o ancora un senso di calma come in Little Glory, brano dall’atmosfera dolce e malinconica.
Le quattro mani si avvicinano maggiormente sulle note alte di Double Rainbow (Choveno Na Roseira) (Jobim), il tema principale viene ripreso a più fasi, alternando con improvvisazioni di grande drammaticità. Più lento e amplificato Ana Maria (Wayne Shorter)in cui i due suonano spesso all’unisono mentre verso la conclusione gli accordi ripetuti ossessivamente sui bassi creano un effetto ondeggiante. The Saros Cycle gioca tra dramma e mistero, a tempo di valzer; più sfaccettato Never Will I Marry (Frank Loesser) in cui pur mantenendo sempre lo stesso ritmo, si ottiene col variare del volume un’alternanza tra sentimento, dolcezza ed allegria.
Marito e moglie dimostrano in questo lavoro di essere coesi, si percepisce la fiducia reciproca e le loro interpretazioni ai due lati dello stesso strumento si amalgamano fino al raggiungimento di un impasto sonoro unico e sfaccettato.
Laura Mancini
(Jazz Colours, anno 2010)

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