Massimo Discepoli, in arte Nheap, ha composto, eseguito e prodotto nel 2009 tutti i brani del suo album “Skymotion”, realizzandone anche la copertina (foto di un viaggio in Irlanda del 2008); disponibile gratuitamente al pubblico per download fino al 30 Ottobre 2010, si trova ora in vendita presso iTunes, presso http://www.nheap.com, http://www.acustronica.com ed altri negozi online.
Questo lavoro tutto strumentale, che utilizza come unici strumenti acustici la batteria e le percussioni, sembra voler raccontare, in 10 composizioni, un’unica storia in cui la musica – nella sua accezione più ampia del termine – si piega agli stati d’animo ed alle fantasie surreali del narratore, tra psichedelica ed avanguardia, accenni di musica concreta ed uso consistente dell’elettronica, con brevi momenti che risentono di influenze jazz, rappresentando atmosfere sempre nuove efficacemente rievocate nell’ascoltatore. Proverò a raccontarvela tutta.
Il primo brano “ab” – il titolo riferendosi all’equivalente in latino della preposizione “da”, indica la partenza – si apre con un loop a cui man mano si aggiungono altri effetti. Si ha l’impressione di trovarsi sott’acqua o piuttosto nello spazio, in una realtà non terrestre, ovattata e caratterizzata da uno scorrere del tempo impercettibile; solo l’entrata della batteria al 5° minuto conferisce venature jazzistiche alla composizione. Si prosegue con “hldrrr”, che mantiene nell’arrangiamento un filo conduttore col precedente, con la differenza che riconosciamo da principio la presenza di batteria e tastiere. Ancora un altro capitolo della storia ce lo racconta “the big D”, che introduce un suono che ricorda un henshoo giapponese, mentre la batteria alterata dall’elettronica scandisce un beat da musica disco. In “Translucent” la batteria torna protagonista conferendo al pezzo un ritmo inquieto; l’atmosfera cambia e ci porta a fantasticare su ambientazioni “aliene”, con esplosioni da guerre stellari.
“Gravitational Assist” in contrapposizione al precedente, sprigiona un senso di serenità con picchi di euforia; l’estrema essenzialità della linea melodica si dispiega su un interessante ed intricato tappeto sonoro che fa da base. Il titolo si riferisce a quel fenomeno per cui un veicolo nello spazio acquista velocità quando passa vicino ad un pianeta, grazie alla forza di gravità. “Aphelion” – anche qui il titolo si ispira allo spazio – ripete in una sequenza che pare infinita il medesimo tema, apportando di volta in volta solo delle aggiunte alla linea melodica principale; l’assenza totale di percussioni rende la sensazione del tempo che si dilata. “Panthalassa” – l’oceano primordiale – è una composizione della durata di 8.40 minuti che si divide in più fasi, distanti l’una dall’altra, in una lenta progressione di suoni. Un’eco di cicale introduce e chiude “Gone”, puzzle di frammenti musicali – un pianoforte e una chitarra realizzati con le tastiere, percussioni di vario genere – che sembrano avere la sola funzione di riempire il tempo, comparendo fugacemente per sparire poco dopo. È a mio avviso il brano più affascinante dell’album.
Più ritmata la prima parte di “Searching for the way” grazie all’intervento della batteria che si assenta in seguito, lasciando il brano come “in sospeso”, per poi tornare, preannunciata da altri elementi ritmici, insieme al suono di chitarra. Il mare, il vento ed un organo sintetico che imita il segnale di una nave in partenza sono protagonisti di “ad (Moher)”, composizione che chiude l’album quasi accennando alla conclusione di un viaggio in cui ci siamo lasciati condurre dall’autore.
Laura Mancini