“Ipotesi di una Medea” Damiana Guerra, Opere Da Tre Soldi

Damiana Guerra si è avvicinata molto presto alla scrittura e molti suoi racconti sono stati pubblicati a seguito dell’assidua collaborazione con la rivista “Kult Underground”. Gli studi di teatro e recitazione l’hanno portata a lavorare con la compagnia Faber Artis del Teatro Nero di Modena che ha rappresentato tre delle sue opere:

  • “Germinga” omaggio a Hervé Guibert,
  • “Nella cattiva sorte” liberamente tratto dalla storia di Giulia Galiotto,
  • “Bancomàt”,
  • “P. Butterflies”.

A marzo 2019 aveva già pubblicato “Medea in tredici volte A per diciassette volta B” su Scenamuta, edizioni Progetto Cultura, con la prefazione di Letizia Russo. Ora torna a proporre un testo sullo stesso personaggio di Euripide, provando a fantasticare su una redenzione di Medea. È così che nasce il libro “Ipotesi di una Medea” edito da Opere Da Tre Soldi. «Opere Da Tre Soldi è una collana nata solo a marzo del 2020 e tramite un caro amico drammaturgo sono venuta a contatto con gli ideatori di questa collana. Il mio testo è l’11° che entra a far parte della collana – racconta l’autrice».

«Medea ha superato i cinquant’anni e ha deciso che è giunto il momento del suo riscatto. – spiega Damiana Guerra nella presentazione del suo lavoro -. Non vuole essere ricordata come la donna che ha ucciso i suoi figli. Non vuole che la storia si ricordi di lei per il suo infanticidio. Sceglie di redimersi e per farlo, intraprende la strada della maternità. Sceglie di risolvere il problema dellidentità nel genere femminile, ma qualcosa non funziona».

Una Medea un po’ futuristica che ci viene presentata sulle prime battute intenta a guardare un promo su YouTube con il suo smartphone e che al lavoro parla di androidi e di algoritmi.

Il testo è impostato come sceneggiatura per una rappresentazione teatrale; si tratta, di fatto, di un monologo, considerato che nessuno degli interlocutori della protagonista compare accanto alla protagonista.

Damiana tu lavori da tanti anni nel mondo del teatro, numerose tue sceneggiature sono state già portate in scena da diverse compagnie. Raccontaci qual è stato in questi anni il tuo rapporto col personaggio di Medea di Euripide.

«Sono anni che giro intorno a Medea, che studio il personaggio. In questo testo uso Medea per parlare in realtà della donna e di tutto ciò che riguarda il suo problema con la maternità nella società in cui viviamo. Ultimamente scrivo testi molto centrati sui problemi di genere della donna».

Studi sul personaggio di Medea ne sono stati fatti già tanti ma questo dramma mi sento di affermare che è radicalmente diverso da tutto ciò che è stato pubblicato fino ad oggi perché vede, tra le altre cose, il personaggio trasportato in un’epoca moderna, quasi futuristica, alle prese con androidi e algoritmi. Come mai questa scelta?

«Non voglio svelare tutto ma l’ambientazione non è reale: la protagonista non si muove realmente nel futuro, quelli che leggiamo e che vedremo rappresentati sono un tempo e un’ambientazione che vivono solo nella mente della mia Medea».

Secondo te cosa ha di così eternamente attuale questo personaggio femminile?

«Medea è un personaggio molto potente perché rompe tutto quello che è l’immaginario della femminilità. Se ci si immagina la figura della madre la si immagina come accogliente. Rappresenta una sorta di affermazione dell’indipendenza femminile. Il mio personaggio invece riesce a rappresentare efficacemente la stanchezza di molte mamme e si scontrano con le difficoltà della loro nuova condizione, con i suoi lati oscuri, in netto contrasto con l’idea che si ha della maternità come un momento di grande gioia».

Questa Medea che si confida con il monitor di un pc, infatti, riflette sulla maternità come di un’esigenza antica, qualcosa a cui le donne sono obbligate: “Non possiamo concederci nient’altro. Lo spazio di movimento è pressoché nullo per noi. O, se presente, molto limitato. Tutto questo diventa ancora più soffocante alla nascita fisica di un figlio. Non appartieni più a te stessa. Sei un corpo in funzione di altri corpi in divenire” dice in una scena del dramma. La protagonista si fa portatrice del dolore di tutte le madri del mondo.

In questo momento tutti i teatri sono chiusi a causa del Coronavirus e dell’emergenza sanitaria che purtroppo affligge il nostro Paese. La tua intenzione è comunque quella di portare in scena quanto prima questo testo, ci sono già compagnie teatrali interessate?

«Sì, questo testo l’ho scritto anche dedicandolo all’attrice Ilaria Nanocchio che fa parte della compagnia Nogu Teatro quindi sicuramente la mia idea era di preparare la messa in scena con loro e con lei come protagonista, speriamo al più presto!».

Ascolta l’audio intervista integrale sul canale Spreaker di Moozart:

Laura Mancini

Potrebbero interessarti anche...