A TEATRO GLI “ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI”

La compagnia Teatro delle Follie presenta al pubblico romano, nel mese di Novembre 2014 – prima al Teatro Sala Uno, poi al Brancaccino – una nuova commedia, scritta da Enzo Ferrara, dal titolo “OGM – Organismi geneticamente modificati”.
Secondo esperimento teatrale diretto da Fabio Avaro, dopo il one man show della scorsa stagione “Bravi voi… io è una vita che vi seguo” e, quindi, nuovo tentativo di rendersi artisticamente indipendente dalla ormai nota e collaudata partnership artistica con Gabriele Pignotta, non solo come interprete (sono già numerose e di successo le partecipazioni di Avaro negli spettacoli del cartellone romano) ma come regista. Al suo fianco nell’interpretazione tre giovani attori, dallo stile spontaneo ed attuale: Francesco Stella, Valeria Sgaramella e Vicky Catalano.
La sfida che si tenta di vincere con questo lavoro è meno facile e scontata di quanto si possa immaginare. Proprio la vena paradossale e comica del soggetto messo in scena – le due coppie di coniugi protagoniste scelgono, attraverso le possibilità offerte dal progresso medico scientifico, di potenziare le personalità e capacità dei loro futuri figli grazie ad un’iniezione fatta alle gestanti ed ottengono effetti “collaterali” inaspettati – è probabilmente quella che emerge con scarso successo e sulla quale si dovrebbe lavorare maggiormente. Anche nelle situazioni fantasiose, infatti, è necessaria una certa logica (a meno che non si stia assistendo ad uno spettacolo di genere non sense e non pare questo il caso): quando, ad esempio, gli embrioni riescono a far scomparire misteriosamente degli oggetti (non si sa dove…) la trovata non ha molto senso e non fa neanche ridere, lasciando sulle labbra dello spettatore – la cui intelligenza va rispettata anche nel gioco – soltanto uno spaesato “boh…?”. Forse il tutto potrebbe risultare più coerente e convincente grazie ad una caratterizzazione più marcata e surreale dei personaggi, distinguendo anche in modo più netto l’atteggiamento delle due coppie ed enfatizzando il ritmo della rappresentazione, in modo da travolgere lo spettatore nella furia della “follia” alla quale si assiste.
L’aspetto che risulta più apprezzabile, invece, è una riflessione tutt’altro che superficiale sulla società contemporanea. I due mariti, hanno una visione pessimista e materialistica di come andrà il mondo nel futuro più prossimo, secondo la quale l’apparire e la spregiudicatezza sono qualità indispensabili per sopravvivere ed i protagonisti dei reality show vengono presi come modelli di riferimento. Un figlio è paragonato ad un prodotto di alto livello nel quale investire secondo regole di mercato o, nel migliore dei casi, è considerato una via, per i genitori, per riscattarsi da una società che li ha esclusi. Al di là di ogni calcolo e desiderio di programmare e manipolare la natura, però, è quest’ultima, in qualche modo, a prendere sempre il sopravvento.
Laura Mancini

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