Stefano Coppari “Scar Let”, Auand
Scar Let. Lascia cicatrizzare – questa è l’idea che sembra voler evocare il titolo scelto per l’album di Stefano Coppari, pubblicato con Auand a maggio 2020. Un nome che gioca anche sul termine scarlet e richiama quel rosso nei toni della copertina. Un rosso che rimanda, a sua volta, al sangue quale simbolo della vita pulsante, della passione e talvolta del dolore.
Nico Tangherlini al pianoforte, Lorenzo Scipioni al contrabbasso e Jacopo Ausili alla batteria accompagnano Coppari alla chitarra negli 8 brani che compongono il lavoro, tra ispirazioni di musica colta e arrangiamenti sempre più in grado di identificare la cifra stilistica di questo complesso musicale molto affiatato. Anche i titoli delle composizioni originali sono permeati di giochi di parole, come Alt Her Ego e Earthbeat.
Verde come, brano di apertura dell’album, fa immergere immediatamente l’ascoltatore in un’atmosfera ipnotica, grazie alla base creata dal riff di chitarra e spezzata dallo slap corposo di Scipioni al contrabbasso. Ausili e Tangherlini intervengono insieme ad arricchire l’arrangiamento per tessere una trama più fitta, che si alterna a momenti di solitudine di Coppari. Il suo riff si fa quasi liquido, fino a che il combo torna unito e conclude la breve composizione iniziale. A questa segue la traccia più lunga del cd, Alt Her Ego. Dopo un suono cupo iniziale, la base è creata dal pianoforte sulle note basse mentre a quelle alte spetta la melodia. I suoni sono amplificati, l’atmosfera è dilatata e l’ascoltatore si perde, fino a che il gioco si inverte: i riff del piano sulle note alte mantengono il tempo mentre gli altri strumenti intervengono solo a spezzare. L’utilizzo di loop di chitarra è particolarmente efficace in questo brano, che suona a tratti vagamente psichedelico.

Si passa per il ritmo trainante – e anche galoppante – di Maine Coon dove emergono la bella melodia e il fraseggio alla chitarra di Stefano Coppari, fino ad arrivare al brano della svolta, l’unico non originale, ovvero La Mouffe di Johnny Raducanu. Qui il contrabbassista si concede un lungo assolo che rende l’interpretazione del pezzo intrigante ed evocativa.
Sebbene non nasca come concept album, le 8 composizioni di “Star Let” sembrano legate da un filo neanche troppo sottile, che conferisce coerenza e solidità al progetto. In quest’ottica direi che forse è a partire da Mojmak che le “ferite” cominciano a diventare “cicatrici”: la sensazione è quella di una ritrovata e conquistata serenità, l’inquietudine si riaffaccia verso la conclusione del brano ma sembra superata grazie a un “happy ending” musicale.
Il battito (del cuore o della terra) ora regolare, ora frenetico di Earthbeat – un brano che si apre e si chiude in maniera circolare – è seguito dai toni rassicuranti di Piagura.
La title track chiude il cd con un mix di atmosfere e un arrangiamento camaleontico, dall’apertura zappiana alla melodia nostalgica del pianoforte.
Laura Mancini